venerdì 6 marzo 2009

On top.

Dopo aver studiato le teorie di gender declinate in ogni aspetto della vita e dello scibile, mi rendo conto di essere comunque rimasta ferma, per anni, all'idea di femminismo che avevo da bambina.

Tutto sommato sono in buona compagnia, perche' anche la societa' e la maggioranza delle donne sono rimaste allo stesso punto, la problematica femminile completamente ibernata. Come se non fosse piu' un problema, fosse ora di andare avanti e occuparsi di cose "piu' serie".

Dunque dipende tutto da noi, da quanto duramente siamo disposte a lavorare e quanto siamo disposte a sacrificare (matrimonio, maternita', cura di noi stesse) per accaparrarci qualcosa che tutto sommato non ci appartiene: il successo in battaglia - un buon lavoro, denaro, indipendenza, potere.

Sono cresciuta con l'idea che per avere successo nella vita dovevo essere "tosta". Ovvero sono cresciuta con un'idea di successo gia' declinata al maschile: il successo che si ottiene quando gli old boys ti accettano nel loro club di partite a golf e gare di rutti. Il potere di umiliare i sottoposti, piuttosto che il potere declinato al femminile, power to make things happen.
Sono cresciuta determinata a combattere quella battaglia insensata che gli uomini identificano come unica modalita' di fare business.

Quest'atteggiamento, pero', si e' scontrato un giorno con il mio sviluppo fisico. As simple as that. La femminilita' - di cui ovviamente non mi ero dovuta preoccupare da bambina - rappresentava un ostacolo enorme sul cammino da schiacciapietre che avevo preparato per me stessa.
No, non erano "quei giorni" il problema. Non ho mai sofferto di dolori mestruali - in case anybody should know - e non erano quelli che mi impedivano di andare a sciare con mio padre*, o svegliarmi alle sei per dimostrare che potevo tenere sottocontrollo i miei bisogni.

D'altra parte (e purtroppo e' ancora necessario esplicitarlo), nemmeno mi sono svegliata un giorno illuminata dall'idea che il vero successo per una donna era sfornare figli e infornare torte.

No, a tredici anni mi sono ritrovata li', nel mezzo, frammentata. Convinta che il potere e il successo richiedevano una forza e una brutalita' che io, semplicemente, non avevo. Ho deciso di rinunciare. La brutalita' e la prepotenza non erano nelle mie corde, e cosi' mi convinsi erroneamente di non essere una persona competitiva. Di nuovo, pensavo alla competitivita' declinata al maschile: aggressiva attitudine al dominio, showing off, outrunning, ultimately excelling at the art of the war.

A 13 anni ho deciso di arrendermi a un modello di femminilita' altrettanto stereotipato e che non sentivo comunque mio, ma che era pure sempre piu' mio di quel modello di "tough bitch" che gli uomini gia' cominciavano a cucirmi addosso.

Le mie scelte accademiche riflettono quest'abbandono, e anche quelle personali riflettono un'attitudine a drift off e a far decidere gli altri per me.
Ho studiato lettere perche' ero stata costretta ad abbandonare il mio piano, e non ne avevo trovato uno alternativo. Ho studiato lettere perche' pensavo che non sarei stata la breadwinner anyway - so why bother?

Avere un piano e' fondamentale, per non disperdere le proprie energie. Il piano - quello che vogliamo dalla vita - puo' cambiare in maniera radicale, ma e' come un Nord che non puo' mai oscurarsi del tutto. C'e' una donna, amica di amici, di cui sento parlare, che e' l'incarnazione di tutto cio' che aborro, che non vorrei mai diventare. E' evidente che non ha un piano, e che stima cosi' poco quello che e' e che ha costruito, cosi' poco da mandarlo all'aria per un uomo (che non la ama). Non e' il fatto che non ha una carriera, ne' un marito, ne' un figlio a darmi i brividi. E' che e' una donna che mostra chiaramente di non rispettarsi, e non pretende il rispetto degli altri. Cosi' facendo, rema contro l'operato di milioni di donne che sono al contrario whole, smart and accomplished, e che soprattutto lottano per una cosa. Essere prese sul serio.

Quit bein' a girl, for Christ's sake.

Il successo a cui aspiro oggi, per il mio futuro, e' la soddisfazione di avere un lavoro stimolante ad un compenso adeguato. Le donne devono smetterla di fingere di non essere interessate ai soldi, di non chiedere promozioni e aumenti. Nella mia famiglia vorrei che non ci fosse un breadwinner designato piu' o meno esplicitamente, ma piuttosto un senso di squadra.

Vorrei scalare la gerarchia che gli uomini hanno creato, e aspirare ai top jobs, ma con le mie regole, e non al prezzo dell'alienazione. Even if it takes to change company every two years.

I want to be fulfilled enough as a worker to be a good mother.

Vorrei solo che questa frase non debba avere il sapore paradossale che invece ancora ha, e manterra' per molto tempo ancora.



* sullo sci come simbolo maschile di forza, forse ci vorra' un altro post.

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